Come definire la mia seconda volta a San Siro per vedere Bruce Springsteen? Un secondo round? Una sorta di 2.0 o di un reloaded? No, una nuova sorpresa tutta all’insegna dell’adrenalina, piuttosto…
Dopo una giornata neppure così brutta per gli standard cui ci siamo abituati quest’anno (anche se verso il tardo pomeriggio il tempo andava peggiorando) ed una fila di tre quarti d’ora con chicane che neppure in un circuito di F1 (!?) entro allo stadio, destinazione terzo anello rosso; cerco e spero di vedermi con qualche mio amico ma nulla, neppure mi sento con i miei due colleghi rossoneri Darko e Alex. Faccio in tempo a sedermi al mio posto subito dopo Land of Hope and Dreams e dalla seconda canzone in poi riprenderò praticamente tutto il concerto. La coreografia (sulla quale avevo sentito dei rumors e sulla cui idea non ero poi così convinto) si dimostra molto sanguigna: oltre a tante bandiere con il tricolore (Bruce ha origini italiane da parte di madre), tantissimi nei settori del secondo e del terzo anello sollevano dei cartoncini rossi che compongono la scritta “Our love is real”; non che Bruce avesse bisogno di tutto questo per capirlo, ma se noi italiani gli stiamo simpatici qualche ragione ci sarà…Se con Land of Hope and Dreams e My Love Will Not Let You Down si surriscaldano, con la successiva Out in the Street (singolo tratto dall’album The River) i 60000 del Meazza esplodono; l’atmosfera ed il pathos sono quelli giusti e, a questo punto, il Boss decide di improvvisare (ma sarà stato veramente così?) prendendo dal pubblico a ridosso del palco tre cartelli, ognuno dei quali reca il nome di una canzone. I nomi estratti sono, nell’ordine, American Land, Good Golly Miss Molly (anche se il vero titolo di questa cover è Long Tall Sally) e Loose Ends, canzoni eseguite dalla E-Street band in ordine di pescaggio. Si va poi avanti con due singoli di Wrecking Ball (la title track e Death to my Hometown) prima di ripescare a piene mani nel passato con Atlantic City e The River. The River è emozione allo stato puro (viene inqudrata una spettatrice in lacrime), come sempre quando Bruce esordisce con la sua armonica; le prime strofe vengono cantate dal pubblico, Bruce ascolta salvo riprendere la parola in un secondo istante…
Bruce ama l’Italia ma, da sempre – a partire dalla sua prima storica esibizione sempre a San Siro del 1985, esibizione da lui citata come una delle migliori della sua carriera) è Milano la città italiana ad essergli rimasta particolarmente nel cuore. E qui la sorpresa: armato di microfono, Springsteen ricorda al pubblico, parlando in italiano, come questa sia la quinta volta in questo stadio (1985, 2003, 2008, 2012 le sue quattro esperienze pregresse); per festeggiare, la band eseguirà TUTTE le canzoni di Born in the U.S.A., album uscito proprio nell”85. Personalmente, avrei preferito tutte le tracce di Born to Run ma, comunque, un “Sìììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììì, cazzoooooooooooooooooooooooo, sìììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììì!!!!!!!!” non può non scapparmi… :rotfl:
Ecco quindi, nel tripudio della folla, eseguite una dopo l’altra e nell’ordine in cui compaiono nell’album, la title track Born in the U.S.A. (sicuramente una delle canzoni più fraintese della storia della musica), Cover Me, Darlington County, Working on the Highway, Downbound Train, l’evocativa ed intensa I’m on Fire (una canzone in cui la voce di Bruce, a parer mio, si avvicina moltissimo a quella di Elvis), la sempre attuale – per i tempi in cui stiamo vivendo – No Surrender, Bobby Jean, I’m Goin’ Down, la ruspante Glory Days, la frenetica e vertiginosa Dancing in the Dark e – last but not least – My Hometown.
Finita la parentesi – e che parentesi! – di Born in the U.S.A. si ritorna alla più stretta attualità con le forti connotazioni gospel di Shackled and Drawn e con uno dei pochi punti di riferimento fissi per quel che riguarda un qualsiasi concerto di Springsteen (un cantante che, è sempre bene precisarlo, non sale mai sul palco sempre con la stessa scaletta), ossia Waiting on a Sunny Day, canzone durante la quale, come da tradizione, il rocker del New Jersey fa cantare delle strofe ad un bambino; di fatto la canzone non mi fa impazzire né apprezzo poi più di tanto questa pantomima, sta di fatto che. devo essere onesto, la bimba scelta per l’occasione si dimostra davvero molto intonata…
Lentamente ma inesorabilmente ci si avvia verso la fine: non si fa in tempo a rimanere estasiati di fronte a The Rising e a Badlands che tutti si scatenano come dei forsennati sulle note di Hungry Heart (la mia seconda canzone preferita di The River) per continuare a scatenarsi al ritmo di This Land Is Your Land (una cover di Woody Guthrie), We Are Alive e del brano che dà il nome all’impareggiabile – almeno secondo il mio parere – Born To Run.
Menzione d’onore – come già nel 2012 – per quella che da diverso tempo è solitamente la penultima traccia in ogni live del Boss, la stupenda 10th Avenue Freeze-out, durante la quale i due maxischermi ai lati del palco mostrano immagini di repertorio del compianto sassofonista Clarence “Big Man” Clemons, scomparso lo scorso anno…
Con la cover Beatlesiana di Twist and Shout sembrerebbe la fine, ma mai dire mai quando parli di Bruce: quasi a voler suggellare un inscindibile patto d’amore con la città di Milano, la band ci delizia con un’altra cover (Shout, cover degli Isley Brothers, fatta fra l’altro qualche giorno prima anche dai Green Day a Rho). Finisce così? Proprio per niente; quando tutto sembra finito e molti già iniziano a sfollare, Bruce torna sullo stage armato di chitarra acustica e chiude il concerto con una versione da pelle d’oca della straordinaria Thunder Road…
Purtroppo, anche le cose più belle di questo mondo hanno una fine; inutile sperare in un ulteriore bis, Bruce, Steve, Nils, la violinista Soozie Tyrell e Jake Clemons (il degno successore di Clarence al sax) non riappariranno…
Sulle note di C’era una Volta il West di Ennio Morricone il tabellone dello stadio mostra dei filmati dei cinque concerti del Boss alla Scala del calcio, con tanto di ringraziamenti sia al cantante sia a Milano…
Quasi tre ore e mezza di musica per un concerto non meno spettacolare di quello dello scorso anno; rammarico per qualche canzone non fatta, anche rispetto al 2012 (Johnny 99 la ricordo ancora come una delle più trascinanti); Tunnel of Love, War, Point Blank, Backstreets, Streets of Philadelphia e – perché no? – anche Murder Inc. avrebbero fatto la propria porca figura ma, si sa, da uno dalla carriera pluridecennale come lui non è pensabile poter ascoltare tutti i suoi successi in una sola serata, ad uno come lui si dovrebbe prestare uno stadio per almeno una settimana…
Rinfrancato, ringalluzzito e stupito dalla vivacità e dalla voglia di vivere e emozionare di questo ultrasessantenne, torno a casa con la consapevolezza di essere stato un eletto per la possibilità di averlo visto ancora una volta dal vivo; non sarà mai il mio cantante preferito, ma certe cose le sa fare solo lui, questo gli va riconosciuto…
Alla prossima…
Impressioni e opinioni di Darko:
“Welcome in the land of hope and dreams”: ecco cosa ho pensato quando sono entrato a San Siro, la prima volta senza Milan.
E a differenza del mio primo derby, quando il gol di Kakà mi scatenò una gioia improvvisa, incontrollabile e violenta, il Boss mi ha lasciato la pelle d’oca per 3 ore, e a tratti ho faticosamente ricacciato indietro le lacrime.
Non avevo mai visto un concerto di un grande, né mai avevo provato l’ebbrezza della musica nello stadio.
Forse ora non potrò mai più andarci, se non per il Boss, perché nessuno potrà mai eguagliare quanto ho visto lunedì sera.
E subito il boss mi ha portato nella terra di sogni e speranze, incantandomi con pezzi che non conoscevo ancora. A Loose Ends inizio a sentire che sta per accadere qualcosa di magico, Atlantic City è suggestiva, e al coro di The River, che ho cantato all’unisono con l’intero stadio ho capito perché il Boss è il più grande performer di sempre: ho avuto un attimo la sensazione di vedermi dall’esterno, mi sono immaginato su quel palco e ho pensato che probabilmente non avrei retto.
Bruce invece regge, e in un discreto italiano annuncia che sta per fare Born in the USA. L’album intero. Non so se mi spiego.
Eccola la magia, quel Fa# maggiore inconfondibile, che fa trattenere il respiro ai settantamila del Meazza.
“No surrender” forse è la canzone, tra quelle che non conoscevo, a riempirmi di più la testa. Non smetto di cantarla, da solo, in macchina, in doccia, ovunque.
E sono così allegro da non provare troppa invidia per i fortunati che riescono a salire sul palco, mentre Bruce snocciola i grandi classici: Glory Days, Dancing in the Dark, e poi Waiting on a Sunny Day, Badland, Hungry heart… un cantante normale potrebbe costruire una carriera su una sola di queste.
Dopo un pezzo acustico in cui San Siro si trasforma in santuario dedicato al dio-boss, arriva il gran finale: Born to Run è MERAVIGLIOSA, Tenth Avenue Freeze-out fa ballare mentre Bruce introduce la band, e poi si continua a saltare con Twist and Shout dei Beatles, che solitamente chiude i concerti.
Ma Bruce ne vuole ancora, chiama a gran voce gli accordi alla band, e fa decollare San Siro con “Shout” degli Isley Brothers.
E’ finita, tutti a casa, alcuni iniziano a sfollare… ma arriva il momento che aspettavo.
Bruce torna, da solo.
Chitarra alla mano, fa l’ultimo immenso regalo: Thunder Road, acustica. Non serve aggiungere nulla, manca l’aria e le parole. Non riesco a cantarla, a malapena muovo le labbra.
Sono sazio e felice.
E non importa se sono andato a dormire alle 2, alle 4 mi son svegliato e sono uscito, ho fatto mezza Milano a piedi (da piazzale Udine alla Stazione centrale) per prendere il bus per Malpensa.
Non importa se alle 10 ero già al lavoro a Messina: ne è valsa la pena.
Impressioni ed opinioni di di Alex McGoohan:
Eccezionale! Una serata splendida. E’ banale dirlo ma quello di Bruce Springsteen non è solo un concerto, è qualcosa che va oltre. Quest’uomo sprigiona una forza e una carica che non può non contagiare chiunque, anche chi come me del Boss non conosce tutta la discografia completa. E’ stato fantastico quello che è riuscito a trasmettere in oltre tre ore e mezza di show (3 ore e 26 minuti, n.d.kalunaat), con il massimo impegno e sentimento dal primo all’ultimo minuto in compagnia di quella macchina da guerra che è la E-Street Band.
Lo avevo già visto sotto il diluvio di quella serata di giugno 2003 (10 anni…. Ho dovuto controllare la data perché pensavo fosse passato meno tempo, Dio mio….), ma questa volta è stato ancora meglio. Nello sviluppo dell’evento ho accolto con piacere e con piacevole sorpresa la meravigliosa e intensa esecuzione dell’intero album “Born in the USA”, disco che ho letteralmente consumato negli anni giovanili: la title track, Cover me, I’m on fire, No surrender, I’m going down, Glory days, Dancing in the dark e la superba My Hometown sono scivolate via che erano una bellezza.
Chi ne avesse la possibilità, visto che l’11 luglio tornerà e sarà a Roma, non se lo perda: anche se conoscete poche canzoni o addirittura non fosse un genere di musica che amate, ascoltate il mio consiglio e andate a vederlo, non ve ne pentirete.
18 commenti su ““[…] and the Big Man joined the band”… Again…”
I commenti sono chiusi.
Uh che pignolo, io avevo calcolato 3h31min….. 8) 😉
Mai avrei creduto di trovare un pezzo sul Boss qui su screwdrivers.
Ovviamente, la cosa mi ha fatto ESTREMAMENTE PIACERE.
Perchè adoro Springsteen.
Perchè considero i suoi show i migliori live musicali esistenti.
Perchè a San siro il 3 giugno c’ero anche io.
E’ stato il mio settimo conerto (terzo a San Siro) e francamente non saprei dirvi quale di questi sia il mio preferito. Forse il primo, per l’emozione della prima volta, forse il secondo (a sansiro sotto il diluvio), forse quest’ultimo, perchè il suo ricordo è ancora vividissimo…
Comunque sia, la gioia e l’entusiasmo che mi ha donato il Suo concerto mi resteranno dentro ancora per molto, almeno fino al mio prossimo concerto (che tra l’altro sarà tra un mese esatto, a Roma).
Chiedo umilmente venia agli admin del blog, ma non posso esimermi di spammarmi il mio racconto della serata… http://lapinsu.wordpress.com/2013/06/05/springsteen-live-san-siro-milano-2013-il-mio-racconto/
buongiorno…
bello il report a tre mani, ognuno con le proprie sensazioni.
Quello che mi ha emozionato di più è quello di Lucianone.
Ci ha messo dentro tutto ciò che prova per questo artista.
Bravi tutti e tre
Gianni, lo facciamo per scelta condivisa da tutta la redazione di proporre argomenti diversi dal Milan o dal calcio: il nostro personale vissuto.
Ogni tanto qualcosa salta dentro nei nostri post.
Ora leggerò anche il tuo report.
E vista l’eccezionalità dell’evento lascio il link. Per questa volta…
grazie 😳 😳 😳
Io lo vidi giusto un anno fa sempre a San Siro.
Semplicemente FANTASTICO !!!!
A Ottobre un altro grande si esibira’ al Forum di Assago e non me lo perdero’ per nessuna ragione: PETER GABRIEL.
@ Rincon, io il biglietto per Peter Gabriel ce l’ho da almeno 8 mesi… 😉
Bravissimo. Ci cadde pure Ronald Reagan nell’equivoco. Se l’avesse ascoltato attentamente invece, il pezzo gli sarebbe piaciuto molto, molto meno.
La prima volta che vidi il Boss fu quando invitò la Monica di “Friends” a ballare sul palco nel video di “Dancing In The Dark”. Eravamo entrambi molto più giovani…
Voglio fare i complimenti ai tre redattori: bel post su un’autentica leggenda vivente del rock. Per lui, una pausa dal Milan è più che comprensibile.
Per me, solo il Milan e il Boss devono entrare nel tempio di San Siro.
hai ragione Darko 😀
In effetti perl’inter sarebbe più opportuno l’utilizzo dell’ippodromo 😀
sarebbbero capaci di arrivare noni anche in una gara con 7 cavalli.
ma se lo vendono davvero a questa cifra, un pensierino ce lo fareste? io si 😉
Dimenticavo: oggi è il compleanno di enzuccio.
Auguri
Lapinsu ma quale ippodromo, guarda che i cavalli sono animali nobili e di gran classe, i prescritti non sarebbero degni di entrarci neanche per pulirci le stalle.
Che si facciano il loro cazzo di stadio in estrema periferia.
Anche se non è tra i miei preferiti, mi piacerebbe molto vedere un suo concerto. Ma penso che sia una cosa impossibile per me. Mi accontento di leggere le vostrem sensazioni ed ascoltarlo nello stereo!
😳
:rotfl:
E’ stato il mio primo concerto ed è stato incredibile, mi ha trasmesso un’energia e una serenità pazzesche, che grande Bruce!
Che goduria poi tutto Born in the USA, la mia esecuzione preferita è stata My hometown, lascio un video per chi non c’è stato… gli ultimi minuti canta San Siro… http://www.youtube.com/watch?v=3eQN4R0LeoM
P.S. Tra l’altro è stato l’unico spettacolo degno di questo nome visto a San Siro nell’ultimo anno.