Sgombriamo subito il campo da ogni possibile equivoco: la partita di ieri non sarà ricordata negli annali rossoneri come un’impresa epica. Premesso ciò, quello di ieri è stato un pareggio conquistato nel regno della squadra attualmente più forte al mondo, la migliore mai vista dal Milan di Sacchi versione internazionale.
Il Barcellona gioca un calcio unico nel suo genere. Credo sia la prima squadra sul pianeta che è riuscita a riavvicinare due sport parenti agli albori e poi mai così distanti con il passare dei decenni: calcio e rugby.
La manovra degli uomini di Guardiola è avvolgente, copre l’intero campo in ampiezza e porta le linee di difesa, centrocampo e attacco quasi a confondersi tra loro. Non vi sono di per sè ruoli ben definiti, l’obiettivo è ottenere un volume in grado di produrre fase di possesso e successivo pressing alto sempre e comunque nei 50 metri offensivi.
Osservate il loro gioco, la palla gira da destra a sinistra continuamente. Il 70 % dei passaggi è effettutato all’indietro, ma con un costante avanzamento della linea. Il pallone si muove all’infinito sino a quando non si genera una delle 3 soluzioni da loro attese: giocata verticale nei 16 metri (con palla profonda o con triangolazione); inserimento palla al piede del portatore (come fosse alla ricerca della linea di meta); palla giocata sul movimento alle spalle dell’esterno o condotta dall’esterno stesso sulla linea di fondo per un cross rigorosamente basso verso il centro dell’area.
La conclusione dai 20 – 30 metri arriva solo e soltanto quando l’insistito possesso produce un eccessivo schiacciamento dell’avversario, tale da lasciare abbondantemente libero uno dei tre giocatori addetti a ricercare costantemente le giocate risolutive di cui sopra, vale a dire Xavi, Messi e Iniesta (o chi lo sostituisce in quel momento) in rigoroso ordine.
Questo sistema ha un grosso difetto perfettamente trasponibile al gioco del rugby. Se la squadra avversaria riesce a saltare la densità creata, grazie ad una giocata rapida o pescando una piccola smagliatura, si aprono 50 metri di campo aperto che il Barca deve affrontare in parità numerica o, addirittura, in inferiorità. Il gol di Pato ne è un esempio. Mascherano e Busquets non sono sufficienti, nè adatti.
Non è, invece, per loro dispendioso il costante pressing alto che conducono, poichè per farlo devono coprire pochissimi metri di campo. Essi, in fase di recupero palla, sono già al posto giusto grazie a quella massa che costantemente creano in fase di costruzione di gioco. Non è un caso che i primi e più importanti pressatori siano Villa, Messi e Pedro.
Scusandomi per la lunghezza, veniamo finalmente a noi.
Chi si aspettava un match diverso, non poteva che rimanere deluso. L’attuale Milan, privo di Ibrahimovic e Robinho, nonchè di un vero costruttore di gioco, è pressochè obbligato a disputare una simile partita.
Il gioco del calcio (lasciate perdere tutti i sapientoni che bazzicano nelle televisioni) si compone essenzialmente di due fasi: la fase di possesso palla e la fase di non possesso.
Ieri sera il Milan è stato superlativo in fase di non possesso, clamorosamente insufficiente in fase di possesso.
Fase di non possesso palla. Un grosso merito di Allegri è quello di aver dato al suo Milan un equilibrio e una compattezza invidiabili quando si tratta di difendere e recuperare palla. Le tre linee rossonere sono sempre in 35 metri e tra difesa e centrocampo non vi è mai uno spazio tale da garantire una giocata facile per i trequartisti o “inventori” avversari. Il mastodontico possesso palla catalano è stato contenuto con affanno, ma senza confusione. Riprova ne sono il limitato numero di conclusioni attive costruite dal Barcellona. Non v’ingannino gli oltre 20 tiri in porta, di questi solo 3 hanno comportato una seria pericolosità. Nel primo tempo il palo esterno di Messi (non intendo quello su punizione) e il gol di Pedro; nella ripresa il tiro di Xavi da 30 metri. A ciò si aggiunga che il loro esasperato possesso palla, complice anche una giornata non trascendentale, è stato spesso sterile. In particolare Messi non ha mai avuto la possibilità di concludere a rete in maniera pulita, nè di entrare in area (come spesso gli accade) con percussioni centrali o triangolazioni strette. Eccezionali sono stati Nesta, Thiago Silva e Van Bommel. Discreti Abate, Nocerino, Seedorf e Zambrotta. Disastroso Ambrosini. Geniale, infine, la scelta di lasciare Zambrotta uno contro uno contro Dani Alves, il quale non scende mai sul fondo a crossare, ma rientra sempre verso il centro alla ricerca della triangolazione capace di generare la terza delle giocate sopra esposte. L’attempato terzino rossonero (ingiustamente odiato da molti!) ha avuto gioco relativamente facile nell’aspettarlo, contenerlo e constringerlo continuamente all’appoggio verso un compagno già pressato. Ripensateci senza pregiudizi e cercate di ricordare una giocata determinante del brasiliano, che per loro, insieme a Xavi e Messi, è il giocatore offensivo più importante.
Il primo gol subito. E’ inevitabile che se vieni attaccato per 91 minuti su 93, qualcosa devi pur concedere. C’è stata la ricerca del colpevole, ma si è trattato di un errore di reparto e non di un singolo. Aggiungo che l’errore è stato mentale, non tecnico. Tutti i difensori, Abbiati compreso, erano certi che la copertura data da Abate (e così pensava lo stesso Abate) fosse sufficiente a far sfilare il pallone sul fondo. Il guizzo di Messi ha, invece, sorpreso tutti al punto da far tardare le reazioni di Abate (scivolata disperata), Abbiati (rincorsa goffa verso il secondo palo), Thiago Silva (allungo del piede ritardato) e Zambrotta (movimento di copertura appena accennato e comunque tardivo).
Fase di possesso palla. Il Milan in fase di ripartenza e possesso ha completamente sbagliato la partita e, forse anche la scelta di schierare Cassano dall’inizio non ha giovato. Nei primi 17-20 minuti vi è stato un tentativo di impostazione volta a sfruttare rapidamente la verticalizzazione, ma vuoi l’incosistenza fisica di Pato e Cassano nella copertura della palla, vuoi l’infortunio prematuro di Boateng, vuoi il costante e crescente pressing del Barcellona, questo è stato abortito molto presto. Il difetto, però, deve essere visto ad ampio respiro. Il Milan di Allegri generalmente fatica nella gestione del gioco. Le palle recuperate (molte!) escono troppo presto dai piedi dei difensori e dei centrocampisti e per di più escono sporche. Non abbiamo nessun uomo in grado di “pulire” il pallone e ordinare il gioco in fase di possesso. Non è un caso che le soluzioni principe siano la giocata rapida sull’insostituibile Seedorf o su Ibrahimovic. Mancando uno di queste due andiamo subito in affanno. Ieri sera il 75% della palle recuperate, dopo 3-5 secondi erano già preda degli avversari. Qui sta il difetto del Milan, un difetto che in Italia viene compensato dalla nostra straordinaria fisicità, ma in Europa contro le grandi squadre è destinato ad emergere sempre.
Concludo dicendo che sono fiero e orgoglioso del punto strappato ieri sera. Il Milan non ha rubato nulla ed ha colpito chirurgicamente i due punti deboli del Barcellona: la lentezza della loro difesa e la scarsa fisicità in occasione dei calci piazzati.
Comprendo il disappunto di molti puristi, ma non è un errore impostare una simile gestione della partita, nè è spiacevole ammettere che l’approccio scelto da Mourinho contro di loro (tolto l’eccessivo isterismo) sia corretto. Nessuno al momento è attrezzato per affrontarli in campo aperto, per vincere (?) devi giocoforza aspettarli nei 35 metri, recuperare palla in quella zona chiudendo le linee di passaggio e disporre di un giocatore in grado di saltare rapidamente la loro densità e lanciare in campo aperto gli attaccanti. Solo così puoi far loro malissimo. Al Milan ieri è parzialmente mancata la continuità nel recupero palla, ma soprattutto non c’era e non c’è un giocatore veloce e tecnico nel proprio centrocampo.
Ricetta: inserite nel contesto rossonero di ieri il Pirlo del 2003, ad esempio al posto di Nocerino, e poteva anche finire diversamente.
Ora il pari è un lusso. Non sputateci sopra.
Palazzi torna settimana prossima, promesso!