Kakà occupa un posto importantissimo nella storia del Milan berlusconiano. Perché è stato un campione, sì, non c'è dubbio, non il più grande campione militante in "quel" Milan (secondo me Sheva è stato più forte, Clarence più decisivo anche se meno osannato) ma campione lo è stato. Ma anche perché lui, Ricardo, oltre ai risultati ottenuti sul campo per meriti in buona parte anche suoi, è stato il grimaldello che ha aperto definitivamente gli occhi a quella fetta di tifoseria ancora dubbiosa sulle intenzioni di questa società di mutar pelle e ridimensionarsi. Kakà fu la dimostrazione che i tempi erano cambiati; prima della sua partenza eravamo una cosa, dopo ne siamo diventati un'altra, neppure troppo bella a vedersi.
Ora Ricardo si è rotto e ne avrà per un sacco di tempo. Ma a pensarci bene pure l'anno scorso fu parecchio claudicante. La reazione di Mourinho alla notizia non è parsa delle più disperate, e il portoghese – che sarà testa di minchia finché si vuole ma di calcio e calciatori ne capisce a pacchi – spesso è molto meno impenetrabile di quanto si creda. La mia impressione è quella di un giocatore ormai prematuramente sul viale del tramonto, il pensiero del Mou non lo conosco ma ho comunque forti sospetti in proposito.
Un pacco clamoroso – seppur involontario – del Trombatore di Forte Dei Marmi?