Nessuno si sogna di barare. Se una palla è out è out, se è dentro è dentro. Non occorre un arbitro, ci si fida ciecamente nonostante le rivalità siano molto accese. Addirittura, la culata delle culate, ossia la palla che si stampa sul nastro e che, in virtù di bizzarri effetti, ci si arrampica in modo beffardo per poi tuffarsi nel campo avversario regalando un punto immeritato, viene accolta dal giocatore beneficiato con ostentato dispiacere, quasi con disgusto. Tanto che, per tradizione, ogni buon Beach-Tennis-Palyer che si rispetti sa che in questi casi deve mormorare la formula “scusa scusa” (anche se in realtà l’impulso sarebbe quello di inginocchiarsi sulla sabbia e spippettarsi violentemente).
A me sta un po’ sulle palle ‘sta cosa, la trovo ipocrita: quando accade a mio vantaggio dentro di me godo immensamente guardandomi bene dall’esternarlo, e sono certo che sia la stessa cosa per gli avversari nella situazione opposta.
Insomma, la morale è: mi piacerebbe un sacco vincere il derby con una rete al novantacinquesimo grazie ad un rigore inventato, in seguito ad una gara nel corso della quale l’Inter colpisce ben 25 pali e sette traverse.
Nessuna ipocrisia, dobbiamo schiantarli anche fregando (che poi ne parlano fino al 2050).